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I PROMESSI SPOSI di Alessandro Manzoni - CAPITOLO XVIIPerciò si mise a consultar tra sé, molto a sangue freddo, sul partito da
prendere. Arrampicarsi sur una pianta, e star lí a aspettar l'aurora, per forse
sei ore che poteva ancora indugiare, con quella brezza, con quella brina,
vestito cosí, c'era piú che non bisognasse per intirizzir davvero. Passeggiare
innanzi e indietro, tutto quel tempo, oltre che sarebbe stato poco efficace
aiuto contro il rigore del sereno, era un richieder troppo da quelle povere
gambe, che già avevano fatto piú del loro dovere. Gli venne in mente d'aver
veduto, in uno de' campi piú vicini alla sodaglia, una di quelle capanne coperte
di paglia, costrutte di tronchi e di rami, intonacati poi con la mota, dove i
contadini del milanese usan, l'estate, depositar la raccolta, e ripararsi la
notte a guardarla: nell'altre stagioni, rimangono abbandonate. La disegnò subito
per suo albergo; si rimise sul sentiero, ripassò il bosco, le macchie, la
sodaglia; e andò verso la capanna. Un usciaccio intarlato e sconnesso, era
rabbattuto, senza chiave né catenaccio; Renzo l'aprí, entrò; vide sospeso per
aria, e sostenuto da ritorte di rami, un graticcio, a foggia d'hamac; ma non si
curò di salirvi. Vide in terra un po' di paglia; e pensò che, anche lí, una
dormitina sarebbe ben saporita. Prima però di sdraiarsi su quel letto che la
Provvidenza gli aveva preparato, vi s'inginocchiò, a ringraziarla di quel
benefizio, e di tutta l'assistenza che aveva avuta da essa, in quella terribile
giornata. Disse poi le sue solite divozioni; e per di piú, chiese perdono a
Domeneddio di non averle dette la sera avanti; anzi, per dir le sue parole,
d'essere andato a dormire come un cane, e peggio. «E per questo, - soggiunse poi
tra sé; appoggiando le mani sulla paglia, e d'inginocchioni mettendosi a
giacere: - per questo, m'è toccata, la mattina, quella bella svegliata».
Raccolse poi tutta la paglia che rimaneva all'intorno, e se l'accomodò addosso,
facendosene, alla meglio, una specie di coperta, per temperare il freddo, che
anche là dentro si faceva sentir molto bene; e vi si rannicchiò sotto, con
l'intenzione di dormire un bel sonno, parendogli d'averlo comprato anche piú
caro del dovere. Ma appena ebbe chiusi gli occhi, cominciò nella sua memoria o
nella sua fantasia (il luogo preciso non ve lo saprei dire), cominciò, dico, un
andare e venire di gente, cosí affollato, cosí incessante, che addio sonno. Il
mercante, il notaio, i birri, lo spadaio, l'oste, Ferrer, il vicario, la brigata
dell'osteria, tutta quella turba delle strade, poi don Abbondio, poi don
Rodrigo: tutta gente con cui Renzo aveva che dire. Tre sole immagini gli si
presentavano non accompagnate da alcuna memoria amara, nette d'ogni sospetto,
amabili in tutto; e due principalmente, molto differenti al certo, ma
strettamente legate nel cuore del giovine: una treccia nera e una barba bianca.
Ma anche la consolazione che provava nel fermare sopra di esse il pensiero, era
tutt'altro che pretta e tranquilla. Pensando al buon frate, sentiva piú
vivamente la vergogna delle proprie scappate, della turpe intemperanza, del bel
caso che aveva fatto de' paterni consigli di lui; e contemplando l'immagine di
Lucia! non ci proveremo a dire ciò che sentisse: il lettore conosce le
circostanze; se lo figuri. E quella povera Agnese, come l'avrebbe potuta
dimenticare? Quell'Agnese, che l'aveva scelto, che l'aveva già considerato come
una cosa sola con la sua unica figlia, e prima
...
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